I migranti, quelli poveri

Un’altra tragedia in mare, quella al largo delle coste calabresi di Cutro. Decine e decine di morti, tra cui molti bambini.

E questo non può far girare dall’altra parte il popolo de “sono troppi” e “aiutiamoli a casa loro”.

Che poi, se proprio volessimo aiutarli a casa loro, col calo demografico italiano, tra due o tre decadi non ci sarà chi ci versa la pensione…

E non ci sarebbero più i braccianti disperati che si accontentano di un salario di fame per fare lavori che gli italiani non vogliono più fare.

Ma vabbé, non volevo allungarmi. Riflettevo sul fatto che tutto il nostro popolo di respingitori non pensa, però, che tanto mi da tanto, nemmeno i loro figli dovrebbero andare a studiare o lavorare all’estero. O sbaglio?

Sennó si arriva a poter migrare solo se benestanti. E per benestanti intendo anche gli studenti che arrotondano con qualche lavoretto, non i ricchi.

Benestanti siamo noi, che viviamo in un paese senza guerre, senza carestie, senza particolari preoccupazioni. Noi che abbiamo una sanità pubblica, per quanto funzioni. Che abbiamo mezzi pubblici. Che abbiamo la libertà. Compresa la libertà di andare o restare.

I flussi migratori ci sono sempre stati, altrimenti non si spiegherebbero i vari colori degli occhi, dei capelli, della pelle – anche nel nostro paese.

L’uomo si è sempre spostato. Per migliorare le condizioni di vita, in primis. Per migliorarsi.

Dobbiamo accettarlo. Senza confondere i flussi migratori con l’immigrazione clandestina.

Lascia un commento