Così scendiamo a valle per chiedere informazioni sul concerto: vorrei sapere a che ora comincia, se occorre comprare il biglietto….
Un enorme prateria ci si para davanti, e una strada la attraversa, come in un film.
Sulla destra, verso metà piano, c’è un parcheggio improvvisato sulla destra, dove posteggio, e sulla sinistra c’è un maneggio con degli splendidi cavalli cui mi dirigo per immortalarli.
Prendiamo la stradina che dirige verso un tir giallo dove stanno montando palco ed amplificazione, mentre delle auto ci incrociano in opposta direzione. In una mi pare scorgere proprio Baglioni, con un ciglio seccato, ma è stato un attimo,potrei sbagliarmi.
Certo che se fosse stato lui veramente, non si sta fermo un attimo: è appena andato via dal ristorante!
Vado verso il tir per chiedere informazioni, mentre con uno sguardo abbraccio i dintorni di questa splendida, strana piana. Più in là, non mlto a tiro della mia miopia, mi sembra scorgere una donna somigliante a Paola Massari, ma penso che ormai la stanchezza mi tira brutti scherzi.
Infatti, non mi accorgo minimamente che ancora un poco più in là c’era proprio Baglioni! Jeans neri attillati e giubbotto di pelle. Nera, è ovvio.
Quando torno, mi fiondo dall’oculista!!
Impasse: che faccio? Ce l’ho lì, qualche decina di metri. L’uomo che ascolto da che son nata, quello che mi ha accompagnata fin dalla mia infanzia, il cantante “di famiglia”, anzi della nostra famiglia. Ce l’ho lì, e non mi muovo.
Lui fuma, parla con Vincenzo Mollica, mentre una guadia del corpo sembra creare un muro immaginario, una linea di demarcazione tra Lui e un minuscolo gruppetto di fans. Proprio pochi.
Non mi muovo. Ma che si fa in questi casi??
Bhè, ci pensa Baglioni: viene lui da noi, ma per concedersi solo per una foto “cumulativa” perché ha pochissimo tempo. E ovviamente, il gruppetto gli si stringe addosso, io no. Mi rifiuto di fare la fan. Ci vuole troppa faccia tosta e poco orgoglio.
Poi lui scappa via, io devo invece ancora realizzare.
Ci dirigiamo all’albergo che avevo prenotato a Forca Canapine. Scopro con mio stupore che si vedono le nuvole! Io non le avevo mai viste così vicine!
Certo, “Forca” non ispira niente di buono, ma mai quanto andiamo a scoprire!
L’albergo è praticamente vicinissimo all’impianto di risalita (dismesso) per le piste da sci, con poche baite attorno, che non sembrano nemmeno abitate, così come l’hotel. Dentro è anche peggio: alla reception una signora oltre la mezza età, con un fortissimo accento germanico, ci rilascia le chiavi della tripla.
Attraversiamo un corridoio lunghissimo: d’altronde, l’albergo è molto grande. Già: molto grande, e non si sente nessuno?
Per l’aria sinistra che ha, l’abbiamo subito ribattezzato “L’albergo di Shining”.
Posiamo le valigie e scappiamo a Norcia per una breve visita culturale, non prima di aver rassicurato mamma del nostro arrivo, e di aver ricevuto per contro una lavata di capo che mi lascia un po’ di dubbi circa la mia maturità.
Il clima tra noi sembra mutato, c’è qualcosa di strano, e nemmeno la sosta nella cioccolateria più famosa di Norcia e dintorni sembra rimettere a posto. Altro dubbio.
Stefano sta per perdere il suoposto di lavoro, mentre Roby si trova nell’impossibilità di intraprendere gli studi universitari.
Ma come faccio io a godere di questo week-end, di questi posti, della presenza del mio cantante preferito, quando le persone a me più care hanno ben altri pensieri più gravi? Quasi quasi, provo vergogna di me. Immersa in questi pensieri, posteggio la Polo e spacco un fendinebbia.
Norcia è un po’ meno bella di quanto pensassi. O forse, sono i miei pensieri a non essere belli.
Rientriamo in hotel giusto per una doccia: ci rifiutiamo di cenare qui, così telefoniamo a Castelluccio per chiedere se c’era posto per noi tre.
Ci hanno riservato un posto vicino al bagno: che si siano ricordati della prima cosa che ho chiesto quando sono entrata qui nel primo pomeriggio?
Finalmente potremo assaggiare il tartufo, dopo che Roby me l’ha menata per mesi!
Visto che siamo nella patria delle lenticchie, come non ordinarle?
Intanto, un grande televisore acceso in sala manda le immagini delle anticipazioni del TG1: ci sarà infine Mollica che intervista Baglioni nella Piana di Castelluccio, appunto.
Mio Dio! Se per sbaglio mi hanno ripresa ed il mio capo mi vede, son rovinata!!!
DEVO vedere quell’intervista, ne va del mio posto di lavoro! Sbianco.
Siccome dovevamo mangiare presto perché poi sarebbe sopraggiunta la troupe di Baglioni, cerchiamo di temporeggiare facendo bis di primi e quant’altro!
Panico. Aspetto con trepidante attesa, e la fortuna gira dalla mia parte: non credo di essere stata inquadrata, vivvaddio.
Finito il servizio del TG, i camerieri del ristorante applaudono tra il nostro stupore. Boh!
Non ho ancora ripreso colore, e la pressione è ancora bassa quando entra un tipo, vestito di un paio di pantaloni di pelle nera, che mi ricordano tanto un mio vicino di casa, non proprio sinonimo di simpatia, né di eleganza.
Sopra porta un piumino-gilet Moncler giallo, ma proprio giallo giallo giallo!
Lo guardo. No, è impossibile! Devo proprio andare dall’oculista!
Poi lo riguardo: è proprio lui, è Baglioni!!!
Non so se stentavo più a credere per come era vestito o per averlo lì a tre passi da me, due…uno…va al bagno! Nel senso che va proprio in bagno, non che ce lo sto mandando io! ;o))
Ancora una volta sono rimasta immobile.
Non riesco a vederlo se non come una persona come un’altra che fa un mestiere per cui è sotto gli occhi di tutti, ma è pur sempre una persona come può essere un tuo vicino di casa, col quale sali in ascensore e non sai nemmeno che dirgli.
La guardia del corpo rompe ogni tentennamento: lo scorta fin dentro la sala riservata. Tanto non avrei mai osato.
Il clima tra noi restava comunque strano, non capivo. Mangio il tiramisù con la speranza che mi risollevasse un po’, appunto, mentre Stefano finisce la bottiglia di vino che i ragazzi avevano ordinato, noncurante delle nostre parole per farlo smettere di bere.
Così, mentre Roby porta via Stefano cercando di evitare figuracce, io pago il conto ed esco sulla piazza del piccolo borgo.
La serata è fredda, e Stefano lo vedo inginocchiato vicino al parcheggio, in preda ad una crisi di pianto.
Mmmm…meglio lasciarli soli, credo di aver fiutato qualcosa.
Rientro nel ristorante a temporeggiare con una telefonata a mia cugina, poi prendo l’auto e raccolgo i due baldi giovini.
Ridiscendo per la strada che taglia la Piana, buia, mentre Roby finalmente mi spiega che aveva lasciato Stefano, che intanto galoppava un pianto irrefrenabile.
Fermo l’auto.
Che senso ha stare qui? mi domando.
Come si può provare ad essere contenti, se non felici, quando chi ti sta vicino non lo è e non lo può essere, in quel momento e, peggio, sta male?
Quasi quasi, domani, giorno del fatidico concerto, dormo.
Stefano è stato male tutta la santa notte, così che né io né Roby abbiamo chiuso occhio.
Appunto: quasi quasi, domani dormo.