Partiamo dall’aeroporto di Malpensa alle 11,15. Lasciamo le valigie ad un lentissimo check-in Alitalia (una decina di sportelli con tanto di addetti che si facevano i cavoli loro mentre solo 2 o 3 smaltivano la lunga coda) e prendiamo un piccolo aereo (due posti per 2 file). A Roma Fiumicino, un trenino ci porta da un terminal all’altro per il transito e prendiamo un aereo un po’ vecchiotto, al punto che il sedile del mio posto era completamente staccato dalla sua base! Vabbè…. Del pranzo a bordo è inutile che ve ne parli. Partite a pancia piena, che è meglio!
Ad Amman spostiamo le lancette dell’orologio un’ora avanti. Notiamo subito uomini in giacca e cravatta e uomini in una tunica bianca immacolata, inamidata e perfettamente stirata, elegantissimi, col classico copricapo bianco e rosso, la kefìa. Raggiungiamo l’operatore Mistral che ci indirizza verso il nostro pullman e la nostra guida, Khaled: un 40enne bassotto ma ben proporzionato, dalle labbra carnose, sempre in movimento, e un italiano non proprio perfetto.
Ci portano all’hotel Marriot della capitale, lussuoso -ma neanche tanto- dove riusciamo a cenare al buffet, vista l’ora tarda.
L’indomani, 1° giorno di tour: destinazione Wadi Rum.
Partiamo di buon mattino, portandoci dietro zaino e valigia. La prima sosta è presso il sito di UMM EL RASAS, famoso per i mosaici ritrovati all’interno della chiesa di S. Stefano, a cui si arriva dopo aver visitato le rovine di fortificazioni romane. Oltre un chilometro, si può vedere una torre di pietra senza scale interne:la guida ci ha spiegato che fosse utilizzata dagli anacoreti che vivano in cima, mentre i loro seguaci si accampavano sotto, provvedendo ai loro bisogni.
Si prosegue il viaggio fermandoci in una sorta di grande autogrill-negozio di souvenir di ogni tipo, carissimo, e finalmente si raggiunge, tramite la Strada del Deserto, che segue i binari della vecchia ferrovia dell’Hejaz, il WADI RUM.
Alloggiamo al SunCity Camp, un campo tendato tenuto, come tutto del resto, da una tribù beduina degli Howeitat: le camere sono una sorta di piccolo boungalow provvisto di bagno con doccia, ricoperto da coperte; il ristorante è all’interno di una grossa semisfera tipo i palloni che ricoprono i campi da tennis, però trasparente, per meglio apprezzare la visione del deserto all’esterno. Si capisce che il nucleo originario, invece, è rappresentato dalla zona bar, affollata di panche semplici e tappezzate di coperte.
Le montagne e la sabbia hanno un colore marroncino/rosso, vegetazione scarsissima, a tratti si scorgono delle dune. Un’escursione con pick-up fuoristrada ci farà apprezzare meglio il deserto e i brividi che mettono i guidatori, a tratti spericolati, che ci guidano.
Usciamo per conto nostro poi per vedere il tramonto: bello, ma sfortunatamente la natura non ci fa assistere al cambio di colori delle rocce delle montagne circostanti. Peccato.
Prima di cena, i beduini ci tengono a farci vedere e festeggiare con loro l’uscita (passatemi il termine) del montone cotto sotto la sabbia, che ci viene servito, in una cena a buffet, nel ristorante-palla che prende spunto dal film “The Martian” qui girato.
Finiamo la serata di nuovo allontanandoci dal campo per goderci il cielo stellato. Così come per il tramonto, l’aria non era limpidissima, m questo non ci ha impedito di vedere almeno le stelle tranquillamente.
La temperatura pensavo scendesse molto di notte, invece non è stato nemmeno il caso di accendere la pompa di calore in camera: è bastato il piumone.
Il mattino ci ha regalato una luce ancora più bella, e le foto che ho scattato ne hanno giovato. Dopo colazione, mi tocca salutare il gatto con cui avevo fatto amicizia: un bellissimo gatto rosso, ben tenuto, bellissimo pelo, dolcissimo.
SI riprende il cammino per il 2° giorno di tour: destinazione Petra.
Di buon mattino e col cuore in gola, saliamo sul pullman in trepida attesa che si realizzi il sogno che culliamo da ben…30 anni!!!
Non vi descrivo l’emozione!!!
Fatti i biglietti (carissimi: 50 dinari giordani, circa 60€) al Visitor Center, ci accingiamo a visitare Petra con la nostra guida che si attarda a spiegarci tutto il tratto di strada che porta al Siq, mentre tutti noi ormai eravamo frementi di arrivare al dunque. E quindi vai di spiegazione soporifera delle Case del Djinn,le case dello spirito a guardia del sentiero, costruite anch’esse dai nabatei, la Tomba dell’Obelisco e altre ‘facezie’ perché tali ci sembrano rispetto a ciò che stiamo per vedere.
Arriviamo al Siq, la gola, una faglia geologica con pareti alte 200mt e stretta anche 2mt, la via sacra, che comincia in prossimità di un ponte e di una diga, posta ultimamente a difesa del sito, vittima spesso di improvvise inondazioni. Nel tratto finale la gola si stringe, e l’attesa sale:finalmente intravedo lo scorcio del Tesoro, e a stento trattengo le lacrime.
30 anni ho atteso questo momento, e ora non mi sembra vero. Forse sto sognando. Forse sto mentalmente rivivendo tutte le fotografie, i documentari visti, ma il gran vociare che piano piano ci invade arrivando di fronte a l Tesoro, mi fa tornare coi piedi per terra. Ce l’ho lì di fronte a me, bella più che mai. Non fa niente che ci sono orde di turisti ovunque, che devi stare attenta alle carrozzelle che portano i turisti in un via-vai frenetico, ai beduini che offrono le loro mercanzie, ai loro bambini che per un dinaro ti vogliono vendere vecchie cartoline o braccialetti vari. Io raccolgo un piccolo sasso, lo pulisco, quasi lo lucido, e lo metto gelosamente nello zaino, insieme al biglietto d’ingresso: i souvenir più belliche attestano che non ho sognato: sono proprio qui, di fronte a questa tomba scavata nella roccia di arenaria, non visitabile, nota come il Tesoro, il simbolo di Petra.
Non amo farmi i selfie, ma stavolta cedo e me ne scatto un’infinità. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Vorrei darmi un pizzicotto, ma la guida ci richiama per la prosecuzione della visita, passando al siq esterno che ci porta alla Strada delle Facciate, a tombe e case, a bancarelle dei beduini. A proposito di bancarelle, merita una visita una in particolare: quella di una signora mi pare neozelandese che sposoò un beduino, visse in una delle grotte lì vicino e scrisse un libro tradotto in molteplici lingue tranne che in italiano (vorrà dire che leggiamo poco?): “Sposata con un beduino”, appunto. La signora realizza bellissime lavorazioni in argento e pietre dure.
La visita prosegue presso l’Altura del Sacrificio, mentre orde di bambini continuano a cercare di venderti la solita mercanzia, e greggi di pecore pascolano tra le rovine; il Teatro, le Tombe Reali, la Porta del Temenos, e infine….il (pessimo) ristorante dove di rifocilliamo col buffet preso d’assalto e l’ormai solito pane e hummus che mi salva dal non poterne già più del cibo speziato. Mentre il mio compagno d’avventure intraprende la non facile scalata al Monastero (800 gradini per quasi un’ora di strada per tratta), io ed altri compagni di tour ne approfittiamo per goderci con più calma -e senza la guida!- il sito e, soprattutto, il Tesoro. Purtroppo anche qui di acquisti non ne abbiamo fatti: le mercanzie in vendita non ci ispirano più di tanto, forse quasi rovinano l’atmosfera, non so…
E riprendiamo il Siq a ritrovo, che stavolta è in salita, eccome! Arrivo al Visitor Center distrutta! Il pensiero che stasera ci aspetta il tour i Petra By Night non è che mi alletti molto, tutt’altro!
Alla fine cedo e compro un cammello di pelouche per mio nipote, mentre il beduino si spertica in complimenti per farmi comprare tutto il negozio…invano.
Il tempo di fare una foto di gruppo e risaliamo sul pullman che ci porta per una bella doccia calda in hotel, sempre Marriot, sopra le alture di Petra, il cui paese è abitato da beduini in case modeste, piccoli negozi alimentari, qualche bar-ristorante per i turisti, ma niente di che. Indossato il giubbino “100 grammi”, riprendiamo la visita di ‘Petra by night’, che in realtà non è guidata: il pullman ci lascia al Visitor Center e da qui si percorre la strada ed il Siq illuminato da lanterne messe a terra lungo tutto il percorso, fino ad arrivare al Tesoro,nel cui spazio antistante hanno preso posto, per terra, migliaia di turisti in religioso silenzio (o almeno ci provano!), ad ascoltare i suoni e i racconti dei beduini per circa 2 ore. Non fosse che la gente era davvero tanta, sarebbe uno spettacolo meraviglioso! Ai primi arrivati viene offerto anche del thè. Lasciamo sfollare un bel po’ di gente per riprenderci in qualche modo la tranquillità in notturna che giustamente ci aspettiamo, e poi raggiungiamo, un pochino in ritardo, il nostro pullman.
Il 3° giorno di tour vede dapprima la visita di Piccola Petra.
Poveretta, vista dopo Petra, non si può nemmeno lontanamente paragonare! Forse andrebbe fatta prima. Attraverso il Siq al Barrid si arriva ad un tempio e a 4 triclini, per una sosta rifocillante dei viaggiatori mercanti dell’epoca. Non abbiamo né tempo né voglia di intraprendere i numerosi gradini da cui ammirare il paesaggio, ma ci attardiamo a guardare le bancarelle beduine onnipresenti, dove fare acquisti di poco valore.
Riprendiamo la via con una sosta fotografica per immortalare -in lontananza- il Castello di Shoback. Questo ci fa deviare dalla strada e prendere un giro largo per raggiungere il Mar Morto che, sinceramente, penso non ne valesse davvero la pena!
Arrivando nei pressi del Mar Morto, si scorgono al di là di questo grande specchio d’acqua salatissima, le alture israeliane. L’aria non limpida ci impedisce di scorgere Gerusalemme, a una quarantina di km in linea d’aria.
Prima di arrivare alla solita catena di hotel Marriot, ci portano a mangiare in un ristorante situato all’interno di un centro balneare con tanto di piscine e gente in costume da bagno, per poi andare in hotel.
La scelta si rivela pessima, come il mangiare. E qua un appunto alla Mistral dobbiamo farglielo: abbiamo pagato più di 1900€, sei uno dei tour operator più gettonati e ci porti a mangiare in un postaccio a pochi metri dal nostro hotel???
Vabbè. In hotel distribuiscono le camere e rimaniamo gli ultimi ad averla, dopo un po’ di attesa perché si capisce che qualcosa è andato storto. Mentre noi fremevamo per la giornata sul mar Morto che, ancora un po’, ci fanno svanire! E invece la sfiga continua: camera occupata, ritorniamo alla reception e per la seconda volta, visto i disservizi, chiediamo l’upgrade di camera: ci viene fornita una superior, grandissima e con tanto di terrazzona vista mare! Il tempo di cambiarci e scendiamo al mare, attraversando le piscine dell’hotel e salendo su una macchinina elettrica (tipo quella da golf) che ci porta alla spiaggia. I lettini sono tutti occupati, ma veniamo ospitati da altri compagni di tour, ci spogliamo e un addetto offre aiuto per entrare in acqua: oltre ad avere un fondo pietroso, con pietre scivolose e grandi, l’acqua sembra un po’ oleosa. Il consiglio è quello di NON entrare di faccia, ma di schiena: questo perché….si galleggia! E’ quasi impossibile, a pancia all’aria, portare le gambe in basso, ma è pericoloso girarsi a faccia in giù.
Le fotografie che ritraggono bagnanti col giornale in mano ora posso dire che non sono taroccate.Stare a galleggiare a pancia e gambe all’insù porta ad un notevole lavoro di addominali. Dopo un po’, esco a ritroso, sempre di schiena, fino a toccare i sassi a riva, e mi cospargo col fango a disposizione. Un grande specchio posto dall’hotel ti aiuta nel constatare di esserti completamente ricoperto di fango, che però, nel mio e in altri casi, comincia a pizzicare tantissimo nella zona delle narici. Per fortuna c’è una doccia.
La macchinina elettrica ci riporta nella zona piscine, dove prendiamo il sole e un cocktail alcoolico. In Giordania l’alcool è vietato ma nei grandi alberghi è disponibile, ovviamente non a modiche cifre.
La cena, sempre a buffet, offre per il mio palato, sempre le stesse cose: riso, pollo, spezzatino di manzo, hummus, pane… I dolci mediorientali non li gradisco, tranne delle palline che assomigliano ai nostri struffoli non guarniti dei tradizionali confettini colorati.
Il 4° giorno di tour
Ripartiamo alla volta del MONTE NEBO, il luogo da cui Mosè contemplò la Terra Promessa, e dove morì. Sulla cima è presente il Memoriale e da qui si gode la vista di Israele. La chiesa conserva dei mosaici ben tenuti. Fuori, una grande croce in ferro, opera di un artigiano italiano, con un serpente aggrovigliato ed in alto, un bastone. La guida non ce l’ha saputa spiegare, ma mi piace pensare fosse il bastone di Mosè.
Poco più in là, un ulivo e la fotografia che ne immortale l’inaugurazione fatta dall’allora Papa Giovanni Paolo II. Il ricordo di una compagna di tour, che ce lo racconta già sofferente, ci riporta al suo ultimo giorno di vita, che tutti noi ricordiamo con grande sofferenza, commozione e qualche lacrima.
Purtroppo, per una questione di un’ora, non incrociamo il nostro Capo dello Stato, il Presidente Sergio Mattarella, in visita in questi giorni in Giordania.
Proseguiamo per Madaba, la città dei mosaici bizantini. Visitiamo la Chiesa di San Giorgio, qualche strada del centro -dove compro un piccolo mosaico tondo presso una scuola femminile-, e proseguiamo per Amman, non senza notare le bandiere italiane che costeggiano l’ingresso alla capitale, in onore della visita di stato. La Cittadella ci delude un po’.
Devo dire che la nostra guida, pur essendo preparata in materie storiche, ha una parlata soporifera, non è per niente accattivante né empatico, non riesce ad entrare in sintonia e non parla benissimo l’italiano, tanto che a volte faccio fatica a capirne il senso della frase.
Insomma, una visita un po’ svogliata per arrivare poi in hotel (il solito Marriot), una bella doccia ristoratrice, una cena che mi vede disattendere i miei propositi (mai mangiare pizza o italiano all’estero!) e mi punisce per questo, e il sonno dei giusti.
Il 5° giorno non è di tour: è una giornata messa a disposizione da un Tour Operator che -ahimè, tocca ripetermi- sembra voler spremere i turisti ancor più, costringendo la guida a promuovere solo e soltanto i loro pacchetti:un giorno ai Castelli del Deserto (per la modica cifra di 100€, pasto compreso) oppure Betania (alla fonte battesimale del fiume Giordano) per mezza giornata a metà prezzo.
Fanculo. Optiamo per un bel pacchetto rigenerante in uno dei più bei hammam di Amman.
Il tassista, ingaggiato dall’hotel, non sembra convinto del percorso da fare. Roberto apre prontamente Google Maps sul suo smartphone e gli fa strada. L’autista sembra un pochino infastidito, ma Roby continua (per fortuna) a fargli strada perché staremmo ancora girando! mentre l’autista alla fine, capita la strada, prende quasi per i fondelli il mio compagno di viaggi, forse per vendetta, chiedendo ad ogni strada (esatta) se doveva girare di la. Sono un po’ suscettibili…
I percorsi sono divisi per maschi e femmine. D’altronde, la Giordania sarà pure uno dei paesi arabi più occidentalizzati, ma le donne, per la stragrande maggioranza, vanno in giro col velo, se non col burqa (tante). Quelle a capo scoperto sono pochissime e magari non sono nemmeno giordane!
Per 2 ore ci coccolano, ci strigliano, ci lavano, ci insaponano, ci oliano, iniziando da un bollente idromassaggio, passando poi per un bel bagno turco con tanto di granita offertaci gentilmente, altro scrub, altre docce, infine un po’ di relax al bar (dove viene servito solo thè e un dolce al cucchiaio, al cocco), prima di docciarci e rivestirci. Bisogna stare attente alle solerti addette perché portano via tutto prima ancora che tu abbia finito di utilizzarlo! Persino il mio costume e la mia asciugamano….
Andiamo a pranzare in un ristorante consigliato da Tripadvisor, e dobbiamo dire che mai miglior scelta fu più che azzeccata. Il ristorante è frequentato sia da gruppi di turisti -che prendono sale diverse- sia dagli abitanti della capitale. Ci sistemiamo accanto a delle donne -velate- che fumano, e la cosa ci pare strana, visto che non sono accompagnate da uomini. Nel tavolo accanto al nostro mangiano due uomini che, a fine pasto, si tolgono le scarpe, incrociano le gambe sul divanetto dove sono seduti e fumano narghilè.
Devo non pensare al fatto che potrei essere seduta sul divanetto dove altri ci hanno appoggiato i loro piedi!
Finalmente mangiamo un pasto degno di questo nome! Gamberi alla piastra, melanzane, qualche stuzzichino, preceduti da i loro antipasti (creme varie), e veniamo omaggiati di 4 dolci al cucchiaio, un piatto di dolcetti misti, e frutta sbucciataci da un solerte e scherzoso cameriere che fa di una banana un alligatore e di una mela un fiore. Riprendiamo un taxi per farci portare alla famosa Rainbow Street, dove i negozietti sembrano più originali dei soliti negozi di souvenir che abbiamo incontrato finora. A metà strada incontriamo un bar con la scritta “Lavazza”: non possiamo non fermarci per un buon caffè!Che ci viene servito al tavolino esterno con…2 moka! Fantastico! Alla fine della strada prendiamo il taxi di ritorno, quello più caro di tutti. Sappiamo benissimo di essere stati presi per il culo, ma ormai i giochi sono fatti: paghiamo malvolentieri e malvolentieri salutiamo.
Altra cena, altro tentativo di prendere una pizza SENZA spezie, ma invano! Tempestata di origano, non riesco a finirne nemmeno metà. Poi, a nanna.
Ho portato con me un libro e la guida Lonely Planet della Giordania, da leggere in camera, ma ci arriviamo sempre talmente stanchi che l’unica cosa che facciamo è quella di usare il bagno, impigiamarci e darci la buona notte.
Il 6° giorno di tour prevede le visite di Jerah, Ajloun e Gadara.
Invece cominciamo da Gadara, al confine con la Siria, piccolo sito archeologico, e continuiamo per il ben tenuto Castello di Aljoun, non prima di essere noi stessi richiesti per fare delle foto con gli abitanti del posto! Nella piazza antistante il castello (che si raggiunge percorrendo una ripida salita), un sacco di ragazzi giordani fanno festa. In realtà, tanti giordani fanno festa: è venerdì, il loro giorno di riposo, la loro ‘domenica’: il piazzale dove posteggia il pullman è preso d’assalto da numerose macchine e pullmini, tanti vecchi scuolabus riadattati a furgoni familiari (d’altronde, qui la media dei figli è alta, e si portano dietro, oltre al parentado, di tutto, di ogni e di più per pic-nic ai bordi delle strade, nei campi, nei siti archeologici…ovunque! Da qui non riusciamo a ripartire in tempo per evitare il traffico (o meglio dire l’ingorgo) prodotto dai fedeli che si recano alle moschee, così rimaniamo letteralmente imbottigliati nella strada della moschea. Addirittura, il deficiente che non ci ha permesso il passaggio, vedendosi ostruito, lascia l’auto di fronte al nostro pullman e corre alla moschea: per fortuna, 5 minuti dopo la funzione religiosa era finita e tutti riprendono -con calma- le loro auto lasciate anche in seconda e terza fila.
Devo dire che i giordani non sono dei geni alla guida, anzi. Mentre riescono con solo 2 macchine a creare un ingorgo, senza che nessuno voglia retrocedere, il nostro autista prende sfortunatamente uno specchietto a sinistra: ovviamente distratto a guardare a sinistra, non si accorge di avere agganciato la macchina ferma in avaria a destra e la trascina per un bel metro. Mentre la prima auto non si ferma nemmeno per la constatazione, la seconda avviene tutto in modo verbale: i due autisti si accordano per un risarcimento di 25 dinari (circa 30€) e finisce lì, anche se il pullman riporta sulla fiancata destra dei bei segni evidenti. Riprendiamo il nostro cammino ed arriviamo dapprima al ristorante (sempre peggio!) e poi a visitare le rovine romane di Jerash, con le sue vie colonnate ed i suoi teatri, bellissima! La piccola Pompei d’Oriente serba delle gran sorprese, a cominciare dal fatto che per visitarla, si passa attraverso un mercato di souvenir e a finire dal fatto che sia meta di famiglie in cerca di luoghi dove trascorrere un po’ di questo tempo di festa all’aperto. Un po’ come se noi facessimo un bel pic-nic all’interno degli scavi di Pompei, appunto!
Torniamo in hotel il tempo di docciarci e ritrovarci per l’ultima cena di gruppo, stavolta in un bel ristorante di Amman. Il pullman che ci viene a prendere non è lo stesso del mattino: ce lo hanno cambiato, mandando quello incidentato a riparare.
Manco a farlo apposta, il ristorante è quello del pranzo di ieri! Ci sfreghiamo troppo presto le mani, pensando di mangiare bene anche stasera: veniamo portati in una sala più modesta, con un menù già prefissato, coi soliti antipasti e le carni -speziate- che non riusciamo nemmeno a finire. In compenso, curiosiamo guardando la tavolata di fronte a noi che sta festeggiando un fidanzamento: sembrerebbe che le due famiglie siano di diversa estrazione sociale a giudicare da come siano vestiti e da come non si parlino. Facciamo gli auguri ai futuri sposi, e andiamo via, riflettendo come pure un buon ristorante possa diventare mediocre spuntando prezzi bassi.
La sfortuna si accanisce ancora una volta sul povero autista del nostro pullman: l’entrata per questi mezzi all’hotel Marriot di Amman è davvero infelice e assolutamente mal studiata da chi l’ha progettata! Il pullman, nella curva a gomito, prende la colonna di pietra con cui termina l’assurdo muretto -troppo lungo- che hanno costruito all’entrata e fa un bello squarcio alla fiancata destra. L’autista scende si mette le mani nei capelli al vedere il disastro: ha avuto danni anche la colonna, e credo che per lui saranno rogne, mentre noi siamo dispiaciutissimi, ma non sappiamo cosa fare.La guida dice che sono assicurati, ma qualche dubbio sul futuro del nostro autista lo abbiamo….
E’ il giorno del ritorno. Ultima colazione a buffet. Ho imparato a mangiare l’omelette al formaggio di prima mattina (così non arrivo morta al pranzo, che spesso per me è composto da pane e hummus). I wi-fi degli hotel non permettono chiamate, ma tramite messaggio chiedo a mia mamma di prepararmi un bel piatto di spaghetti al pomodoro semplice semplice. Non voglio vedere né sentire spezie per un anno! Altrettanto per ceci e derivati! Le file del check-in sono lunghe ma velocissime! I nostri passaporti vengono controllati 3 volte, poi finalmente, ci imbarchiamo, sempre con la Royal Jordanian, sempre con un vecchio aereo ma stavolta più grande, sempre col solito schifoso pasto. Perlomeno, servono anche il vino….
A Roma, scalo di 2 ore e passa, telefoniamo, cazzeggiamo per i negozi, prendiamo un caffè, e poi ci imbarchiamo su un aereo Alitalia di due file per 3 sedili coi posti più stretti che io abbia mai e poi mai preso! Pensate che le ginocchia di un uomo di altezza media toccano lo schienale di fronte, e che se volete leggere il giornale di bordo dovete tenerlo molto obliquo. Il volo dura un’oretta. Siccome lo spazio è tanto, e il volo lungo (ironic mode on), quello di fronte a me pensa bene di abbassare lo schienale! Gli chiedo gentilmente di rialzarlo, si gira verso di me con una faccia seria e scocciata, aspetta due secondi e…mi risponde in inglese che avrebbe alzato il sedile. Meno male che ha capito!
I bagagli ci vengono restituiti in una manciata di minuti, la navetta del parcheggio arriva quasi subito, e così arrivo un po’ in anticipo a casa dei miei, dove un bel piatto di spaghetti fumanti non me lo toglie nessuno!E non ce n’è: la cucina italiana (e quella di mamma) non la batte nessuno!!!